Cap. VI

Il calcolo differenziale

 

Non è del tutto esatto ritenere che il calcolo infinitesimale fu una conquista dei grandi geni del XVII secolo come Newton e Leibniz. In realtà, alcuni principi fondamentali del nuovo calcolo esistevano da tempi molto remoti: da Archimede, e, per quanto riguarda certe intuizioni fondamentali, anche da matematici vissuti prima di lui come Zenone e Eudosso. Inoltre, già nel Cinquecento vi era in Italia una scuola di valenti e originali ricercatori che traeva ispirazione dai metodi del Siracusano, mentre nella prima metà del secolo seguente i risultati raggiunti da studiosi come Keplero, Cavalieri, Torricelli, Fermat, Roberval, Pascal, Galileo e Barrow, costituivano un importante corpo di dottrine.

Bonaventura Cavalieri pubblica nel 1635 la sua Geometria degli indivisibili: i solidi sono immaginati decomposti in infinite sezioni piane. Il principio di Cavalieri afferma l'uguaglianza di volume di due solidi quando essi, intersecati da un fascio di piani paralleli, diano sopra uno stesso piano del fascio due sezioni di uguale area. Il germe di questa concezione era già stato espresso da G. Keplero nel dimostrare che i volumi di un cilindro e del parallelepipedo circoscritto stanno tra di loro come le basi. E. Torricelli, in un libro edito nel 1641, introduce l'operazione di derivazione quale inversa dell'integrazione (il teorema di Torricelli-Barrow lega i due grandi rami dell'analisi infinitesimale, il calcolo differenziale e quello integrale). All'incirca nello stesso periodo, il procedimento infinitesimale scaturisce da altri due problemi: quello della determinazione della velocità istantanea di un mobile e quello della determinazione della tangente a una curva in un suo punto, problemi che aprono la via al calcolo differenziale. Torricelli, Fermat, Descartes, Barrow, Pascal e altri studiarono i primi problemi relativi alla tangente a una curva, considerandola come posizione limite della corda, e misero in luce l'opportunità di identificare l'elemento di curva (arco infinitesimo) con l'elemento di retta (segmento infinitesimo di tangente). Lo studio della variazione della tangente, cioè dell'andamento di una curva, rivestiva enorme importanza pratica, in quanto, per esempio, era stato osservato da Fermat che la velocità di variazione di un fenomeno era praticamente nulla in prossimità di un massimo o di un minimo.
G. W. Leibniz, in Nova methodus del 1684, espone poi, concludendo questo periodo di ricerche, un metodo generale per trovare i massimi e i minimi e per tracciare le tangenti alle curve. Leibniz introduce il differenziale come incremento infinitesimo e definisce la derivata (velocità istantanea di variazione) come il rapporto fra il differenziale della funzione e il differenziale della variabile indipendente, cioè tra l'incremento infinitesimo dell'ordinata e l'incremento infinitesimo dell'ascissa del punto mobile sulla curva. I. Newton, nei suoi celebri Principia del 1687, introduce anch'egli il concetto di derivata, partendo da una concezione più legata alla meccanica che non alla geometria, come dice la stessa nomenclatura da lui usata (fluente è una qualunque grandezza concepita come generata da un moto continuo; flussione è la velocità con cui la fluente viene generata). Sia Newton sia Leibniz, nel calcolo effettivo delle derivate, applicano il principio che una quantità infinitesima, sommata a una quantità finita, si può trascurare: di ciò non danno una giustificazione rigorosa.
Tra la fine del XVII secolo e il principio del XIX furono affrontati con successo i più svariati problemi geometrici e meccanici: ricordiamo a questo proposito il nome di G. F. de l'Hospital (1704) che diede un teorema per ricondurre il calcolo del rapporto tra due funzioni a quello tra le rispettive derivate; di Giovanni Bernoulli (1748) che pose il problema delle geodetiche e risolse quello della brachistocrona; di B. Taylor (1731) che diede il nome a uno sviluppo in serie di una funzione, in cui compaiono le derivate della funzione stessa; di L. Euler (1783) che studiò gli integrali multipli, alcuni tipi di equazioni differenziali, facendo applicazioni del calcolo infinitesimale allo studio delle proprietà differenziali delle superfici; di G. L. Lagrange (1813) che introdusse il simbolo f'(x) per la derivata della funzione f(x) e al quale si deve il moderno procedimento di calcolo delle derivate.
Il XIX secolo e il principio del XX sono caratterizzati dalla critica dei principi dell'analisi infinitesimale e dall'introduzione di procedimenti rigorosi (passaggio al limite). Cauchy dà per primo una definizione rigorosa di infinitesimo (Analyse algebrique, 1821: una funzione f(x) di una variabile x è infinitesima per x = c, o meglio per x tendente a c, se al tendere di x a c la f(x) tende a 0). S'inizia con lui, ed è sviluppata da B. Bolzano e da C. Weierstrass, quell'opera di revisione critica che sarà portata a termine nei primi due decenni del XX secolo da R. Dedekind, U. Dini, G. Peano, G. Darboux, C. Jordan e altri.