A.G.a.Fe
(Algebraic Geometry at Ferrara)
Abel e le funzioni
ultraellittiche
Nel settembre del 1825 Niels Henrik
Abel [1802–1829], dotato di una borsa di studio
dell’Università di Christiana, iniziò il suo viaggio scientifico in Europa.
Egli fu a Berlino per circa sei mesi, poi si recò a Dresda e a Praga. In aprile
fu a Vienna per sei settimane, quindi attraversò il nord d’Italia e passò in
Svizzera. Da Zurigo raggiunse finalmente Parigi:
centro di tutte le sue ambizioni di matematico. Abel
vi giunse il 10 luglio 1826 e subito iniziò la redazione del lavoro al quale
stava pensando da tempo. Il 24 ottobre, Abel scrisse
al suo maestro ed amico Holmboe:
“Ho appena finito di scrivere una grossa memoria su una certa classe di
funzioni trascendenti. Oso dire, senza vantarmi, che è un buon lavoro. Sono
curioso di sentire l’opinione dell’Istituto”. Il 30 dello stesso mese, Abel presentò personalmente all’Accademia di Parigi il suo
lavoro che intitolò Mémoire sur une propriété générale d’une classe très étendue de fonctions transcendantes, e diverrà noto come
la “memoria parigina”.
“Le funzioni trascendenti considerate fino ad oggi
dai geometri” scrisse Abel nell’introduzione [I, p.
145], “sono un piccolissimo numero”. Quasi tutta la teoria delle funzioni
trascendenti si riduce a quella delle funzioni logaritmiche, esponenziali e
circolari [trigonometriche], funzioni che, in fondo, formano una sola specie.
Soltanto negli ultimi tempi si `e iniziato a considerare altre funzioni. Tra
queste, le trascendenti ellittiche”. Abel, come
scrisse ancora nell’introduzione, fu indotto a considerare una classe molto
estesa di funzioni della forma
ove R è una funzione razionale degli argomenti e y(x) una funzione algebrica di x, cioè una funzione definita implicitamente da una
equazione polinomiale χ(x, y) = 0.
“Una funzione la cui derivata è razionale, come ben si sa” aggiunse Abel, introducendo il risultato principale della sua
memoria, “ha la proprietà che si può esprimere la somma di un numero qualunque
di tali funzioni mediante una funzione algebrica e logaritmica... Analogamente
si può esprimere la somma di un qualunque numero di funzioni ellittiche, ossia
di funzioni che non contengono altre irrazionalità che radicali quadratici
sotto i quali la variabile non ha grado superiore al quarto, mediante una
funzione algebrico-logaritmica, purché si stabilisca
tra le variabili una certa relazione algebrica”.
E’ questa analogia tra i vari tipi di funzioni trascendenti che condusse
Abel a ricercare se proprietà analoghe potessero
valere per funzioni più generali, e pervenne al seguente:
Teorema 1 Se si hanno più funzioni le cui derivate possono
essere radici d’una stessa equazione algebrica, i cui coefficienti sono
funzioni razionali d’una stessa variabile, si può sempre esprimere la somma di
un numero qualunque di tali funzioni mediante una funzione algebrico-logaritmica,
purchè si stabilisca tra le variabili delle funzioni
in questione un certo numero di relazioni algebriche.
Sia C la curva piana definita
da χ(x,y)=0.
Il teorema precedente significa che se è una famiglia di curve algebriche, dipendente razionalmente
da certi parametri , sono i punti di intersezione di C con , variabili con , allora:
dove V e Wj sono funzioni
razionali delle e le Aj sono delle costanti.
Gli integrali abeliani si classificano come
gli integrali ellittici in integrali di primo,
secondo e terzo tipo.
Per gli integrali di primo tipo, il teorema di Abel
conduce a:
e da questo risultato si può dedurre il teorema di addizione di Euler.
“Il numero di queste
relazioni” aggiunse Abel nell’introduzione,
riferendosi al precedente enunciato, “non dipende dal numero delle funzioni, ma
soltanto dalla natura delle funzioni particolari che consideriamo. Così, per
esempio, per una funzione ellittica questo numero è 1, per una funzione la cui
derivata non contiene altre irrazionalità che la radice quadrata di un
polinomio di grado 5 o 6, il numero delle relazioni necessarie è 2, e così di seguito... si deduce il
seguente:
Teorema 2 Si può sempre esprimere la somma di un numero dato
di tali funzioni, le cui variabili sono arbitrarie, mediante una somma di un
numero determinato di funzioni simili, le cui variabili sono funzioni
algebriche delle variabili precedenti.
Dunque con questi due teoremi Abel, non solo
aveva esteso il “teorema di addizione” di Euler per le trascendenti ellittiche al caso
generalissimo delle trascendenti (1), ma anche era vicino alla nozione di
“genere” per la curva algebrica C.
Legendre e Cauchy furono incaricati di giudicare la memoria di Abel. Legendre aveva appena
pubblicato il primo volume del suo Traité des fonctions élliptiques et des
integrales eulériennes ed il secondo volume
era in corso di stampa. Per la sua lunga esperienza nel campo delle
trascendenti ellittiche, egli sarebbe stato in grado, più di ogni altro, di
apprezzare i risultati di Abel, ma Legendre passò il manoscritto a Cauchy.
Quest’ultimo era in quel tempo il matematico più
attivo a Parigi, ma troppo impegnato nelle proprie ricerche per prestare
attenzione a quelle altrui. Così il manoscritto di Abel
rimase dimenticato tra le carte di Cauchy. Nel
dicembre 1826, Abel
lasciò Parigi ed iniziò il suo viaggio di ritorno verso la Norvegia. Egli non
ebbe mai risposta dall’Accademia nel tempo che gli restò da vivere. L’anno
seguente in Francia, scoppiò la rivoluzione e Cauchy
andò in esilio volontario, prima a Torino e poi a Praga, e così il manoscritto
di Abel rimase nascosto e sempre più dimenticato.
Soltanto nel 1840, a seguito di formali richieste del Governo Norvegese, il
manoscritto di Abel fu cercato, ritrovato tra le
carte di Cauchy ed infine pubblicato nel 1841. Niente
può dare meglio l’idea della superiore genialità di Abel,
della chiarezza con la quale espone questi principi generali. Questa è la linea
di pensiero costantemente confermata nelle sue opere, e questo modo di
procedere gli permetterà di superare le difficoltà incontrate da Euler e da Legendre
nell’estendere il “teorema di addizione” oltre il caso ellittico. Così Abel non esitò a considerare, anche influenzato
(probabilmente) dall’osservazione di Gauss, la classe “trés
etendue” delle trascendenti (1) ed a studiarle con la
massima generalità.
Abel morì il 6 aprile del 1829, all’età di ventisette
anni, e l’Accademia di Parigi fu ufficialmente informata della sua morte nella
seduta del 22 giugno. Nel 1832 l’ottuagenario Legendre
completò il terzo e ultimo supplemento del suo Traité e, il 24 marzo, ne spedì una copia al Crelle per la
recensione nel Journal. Nella lettera di accompagnamento, Legendre
scrisse di essere riuscito a dedurre dal “bel teorema del Sig.
Abel” [relativo al caso oggi detto iperellittico] una nuova intera teoria alla quale ho dato
nome di Teoria delle funzioni
ultra-ellittiche. Crelle incaricò Jacobi della recensione il
quale non fu d’accordo con Legendre su un punto:
preferì chiamare quella classe di funzioni trascendenti “abeliane”
anziché
“ultraellittiche”, poiché era stato Abel che per
primo se ne era occupato, ed inoltre suggerì di chiamare “teorema di Abel” il risultato principale della teoria.
Progetto: Andrea Del Centina Realizzazione: Francesca Braga