A.G.a.Fe (Algebraic Geometry at Ferrara)


 

 
        Euler e il Teorema di Addizione

 

I risultati di Fagnano rimasero pressoché sconosciuti finché Euler non ne venne a conoscenza il 23 Dicembre del 1751, quando l’accademia delle Scienze di Berlino dovendo decidere la nomina di Fagnano a membro corrispondente conferì Euler l’incarico di leggerne le opere. Egli, che era molto interessato alle quadrature legate ai problemi di meccanica e di teoria delle lamine elastiche (dunque in particolare alla quadratura della lemniscata), non tardò a comprendere l’importanza dei risultati di Fagnano e, soprattutto, quali sviluppi avrebbero potuto avere [lettera a Goldbach del 19–30 Maggio 1752, Briefwechsel, ed. Juskevic e Winter, 1965]. Molti anni più tardi, Karl Gustav Jakob Jacobi (1804–1851), come appare da una sua lettera a Nicolaus Von Fuss  (1755–1826) considerò il 23 Dicembre del 1751 la data di nascita della teoria delle funzioni ellittiche [P. Stäckel, W. Ahrens, Der briefwechsel zwischen C. G. J. Jacobi und P.H. von Fuss über die Herausgabe der Werke Leonard Euler, Leipzig 1908]. La prima memoria importante su tale argomento è il De Integratione aequationis differentialis del 1756 [Novi Commentari Academiae

 

 Scientiarum Imperialis Petropolitanae 6 (1761),  35–57; Opera Omnia, I, 20, pp. 58–79].

 

Qui, Euler prese come punto di partenza i risultati di Fagnano e considerando l’equazione:

                                                          (1)

scrisse:

 

Cum primum occasione inuentionum Ill. Comitis Fagnani hanc aequationem effem contemplatus, eiusmodi quidem relationem algebraicam inter variabiles x et y elicui, quae huic aequationi fatisfaceret; fed ea relatio non pro aequatione integrali completa haberi poterat, propterea quod non complecteretur quantitatem conflatem arbitrariam, cuiusmodi femper in calculum per integrationem introduci folet. Hinc enim, vti fatis notum eft, integralia incompleta et particularia diftingui folent, quorum illa totam vim aequationum differentialium exhauriunt, haec vero tantum ita fatisfaciunt, vt aliae infuper expreffiones aeque fatisfacere queant. Criterium autem aequationis integralis completae in hoc confiftit, quod ea quantitatem conflantem inuoluere debeat, quae in aequatione defferentiali non apparet.

 

Quando, sollecitato dalla scoperta dell’Illustrissimo Conte Fagnano, ho considerato questa equazione, ho cercato una relazione algebrica tra le variabili x e y che soddisfacesse l’equazione: ma questa relazione non poteva avere la forma di un integrale completo, poiché non conteneva una quantità costante arbitraria, come è solito essere introdotta nel calcolo dall’integrazione. Dunque, come è ben noto, si è soliti distinguere tra integrali completi e particolari, del quale il primo esaurisce l’intera forza dell’equazione differenziale, mentre il secondo, certamente, la soddisfa ma ci sono altre espressioni, oltre a questa, che la soddisfano ugualmente. Perciò, il criterio per determinare un integrale completo consiste in questo: si deve introdurre una quantità costante che non appare nell’equazione differenziale.

 

Più avanti:

 

Saepe numero autem aequationis differentialis integrale particulare algebraicum exhibiri poteft, cum tamen integrale completum fit trafcendes; hoc fcilicet euenit, fi pars tranfcendens per conftantem illam arbitrariam fuerit multiplicata, quae propterea, conftante illa nihilo aequali pofita, ex calculo euanefcit, et integrale algebraicum particulare relinquit.

 

Spesso è possibile dare un integrale algebrico particolare per un’equazione differenziale, anche se l’integrale completo è trascendente; questo comporta evidentemente che, se la parte trascendente è moltiplicata per una costante arbitraria, in modo tale che se la costante è posta uguale a 0, la parte trascendente si annullerà e rimarrà un integrale algebrico particolare.

 

Euler, decise allora di cercare gli integrali generali sotto forma algebrica partendo dalla (1), ma con l’intenzione di ottenere l’integrale generale dell’equazione:

 (2)

 che esprime il problema di trovare due archi di lemniscata tali che  le loro lunghezze abbiano rapporto . Euler, indotto da successivi tentativi è sicuro che la (2) ha un integrale generale esprimibile algebricamente quando è razionale.

Dalle ricerche di Fagnano si ricava che l’equazione (1) è soddisfatta dall’integrale particolare  o equivalentemente .

 

L’integrale di ciascun membro della (1) è un arco di lemniscata di semiasse 1 e ascissa x e l’integrazione dell’equazione differenziale  (1) equivale a trovare due archi di lunghezza uguale. Euler aveva osservato che x = y è un altro integrale particolare della (1). L’integrale generale doveva perciò essere tale da ridursi a ciascuno di questi integrali particolari per valori speciali delle costanti arbitrarie. Guidato da questi fatti, Euler enunciò il seguente teorema:

 

Teorema:  Io dico dunque che l’integrale completo di questa equazione differenziale

è

.

 

Da qui Euler ottenne il teorema di addizione per gli archi di lemniscata (nel primo quadrante):

 

dove . Notiamo che se c = x, questa formula coincide con la formula di duplicazione di Fagnano.

 

Conviene ora ricordare la formula di addizione per la funzione sin z:

sin(u + v) = sin u cos v + cos u sin v.

Questa formula si traduce per gli integrali circolari  nella seguente formula di addizione:

 

dove, posto x = sin u, y = sin v si ha  (supponendo x, y > 0 e molto vicini a 0).  La determinazione dell’integrale generale dell’equazione differenziale , e l’applicazione al teorema di addizione per gli archi di lemniscata, fu la prima scoperta di Euler

 

nell’ambito degli integrali ellittici.

Nella memoria Observationes De Comparatione Arcuum Irrectificabilium, [Novi Commentari Academiae Scientiarum Imperialis Petropolitanae, Tomo 6 (1756/7), 1761, pp. 5884, Opera Omnia, Serie I, Vol. 20, pp. 81107], Euler intraprese lo studio delle quadrature e delle relazioni tra esse, utilizzando i risultati precedenti. Euler presenta infatti teoremi sugli archi di ellisse, iperbole e lemniscata le cui cordinate sono la somma o la differenza di una qualche funzione algebrica, o di archi che sono multipli di altri. Qui ritrova, ed estende, i risultati di Fagnano, ed in particolare dimostra il teorema di divisione in 2n(1+2n) parti dell’arco di lemniscata.

Euler dedicò altre memorie allo studio delle equazioni differenziali. Nella Memoria Speciem alterum methodi novae quantitatis trascendentes inter se comparandi de comparatione arcuum Ellipsis [Novi Commentari Academiae Scientiarum Petropolitanae, 7 (1758/9, 1761, pp. 348; Opera Omnia, Serie I, Vol. 20, pp. 153200)], egli ottenne che anche l’equazione differenziale:

 

(con ) è integrabile algebricamente, con integrale generale della forma  dove c è una costante arbitraria. Dunque il teorema di addizione per gli integrali del tipo è espresso da:

 

 

dove . Infine Euler si occupò dell’equazione:  con P(x) = A + 2Bx + Cx2 + 2Dx3 + Ex4 nella memoria Integratio aequationis  [Novi Commentari Academiae Scientiarum

 

Imperialis Petropolitanae, 12, (1766/7), 1768, pp. 3–16; Opera Omnia,Serie I, Vol. 20, pp. 302–317]. Tuttavia, nonostante l’importanza delle sue scoperte, Euler si rammaricò che i suoi metodi non fossero estendibili a radici superiori a quella quadrata o a radicandi di grado superiore al quarto. Vedeva anche un grave difetto nelle sue ricerche per il fatto che, l’integrazione delle equazioni differenziali da lui effettuata, non seguisse un metodo preciso, ma fosse potius tentando vel divinando”, e auspicava la ricerca di un metodo diretto e generale, cosicché i suoi risultati potessero avere una relazione naturale con le altre parti del calcolo infinitesimale.

Nel 1767 Joseph Louis Lagrange (1736–1813) rispose all’esortazione euleriana ottenendo quanto trovato da Euler con un metodo generale, la cui applicazione si eleva dalle trascendenti più semplici a quelle euleriane. Queste ricerche di Lagrange, sono contenute nella memoria Sur l’intégration de quelques équations différentielles dont les Indéterminées sont séparées, mais dont chaque membre n’est point intégrable [Misc. Taurinensia, Tomo IV, 1766–69; Oeuvres, 2, pp. 5–33]. Nel 1778, con la memoria Dilucidationes super methodo elengatissima qua illustris De La Grange usus est in integranda aequationes differentiali [Acta Academiae Scientiarum Petropolitanae, 1778, I (1780), pp. 20–57; Opera Omnia, Serie I, Vol.

 

21, pp. 1–38], Euler, alla luce del metodo di Lagrange, ritornò sui suoi risultati sulle quadrature, in particolare sul teorema di addizione per gli integrali del tipo , ove P(x) è un polinomio di quarto grado a radici distinte.

 

Precisamente egli ottenne che:  ove z è una funzione algebrica di x e y. Ma anche questo risultato fu ottenuto in modo

 

“fortuito” senza seguire un metodo preciso. Euler tentò poi di estendere la formula precedente agli integrali in cui P(x) ha grado , ossia agli integrali che successivamente saranno detti iperellittici.

           


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