A.G.a.Fe (Algebraic Geometry at Ferrara)


 

Le Origini

 

Integrali del tipo

                                                                                              (1)                                       

 

dove p(x) e P(x) sono polinomi e P(x) di grado maggiore o uguale a due, interessarono analisti e geometri già a partire dall’ultimo ventennio del XVII secolo. Questi integrali si presentarono nello studio di problemi di meccanica e nella determinazione della lunghezza di archi di curve piane. Questi ultimi per lungo tempo furono chiamate “quadrature”.

Ad esempio l’integrale:                                                                                                    

 

definisce la lunghezza dell’arco della circonferenza x2 +y2 =1 nel primo quadrante. Il caso in cui il polinomio P(x) ha grado 2 non presenta difficoltà. Infatti, se P(x)=ax2+bx+c  la curva piana di equazione y=ax2+bx+c  ammette una parametrizzazione 

x=φ (t)  y=ψ(t)

 

con φ e ψ  funzioni razionali del parametro t e l’integrale I è riconducibile all’integrazione di funzioni razionali. Diverso è il caso in cui il grado di P(x) degP(x), è uguale o maggiore di 3, come nel caso dell’area dell’ellisse:

                                                                      .                                                                      

 

In quest’ultimo caso, la lunghezza dell’arco è data da:

                                      (2)

 

ove  . 

Agli integrali (1), quando , dedicarono parte delle loro ricerche eminenti matematici del XVII secolo, tra questi Jakob Bernoulli (1667–1748), che studiò gli integrali legati alla lunghezza dell’arco di iperbole e della spirale logaritmica, ed  il fratello Johann Bernoulli (1654–1705) che considerò il caso della parabola cubica. Nel 1694, nel corso dei suoi studi di meccanica, Jakob Bernoulli fu condotto a studiare l’integrale

 

che rappresenta la lunghezza di un arco della curva di equazione:

 

,

 

detta lemniscata di Bernoulli o semplicemente lemniscata [Curvatura Laminae elasticae, Acta Eruditorum 13, 207–276, (1694)]. Questo integrale avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo della teoria delle nuove funzioni trascendenti.

Il fratello Johann Bernoulli, dopo essere riuscito ad integrare alcune funzioni razionali, asserì nella memoria Problema Exhibitum a Jo. Bernoullo [Acta Eruditorum del 1703, pp. 26–31] che l’integrale di ogni funzione razionale non contiene funzioni trascendenti diverse dal logaritmo e dalle funzioni trigonometriche. Poiché il denominatore di una funzione razionale è un polinomio di grado n in x, la correttezza dell’asserzione dipendeva dal fatto che ogni polinomio a coefficienti reali potesse essere espresso come prodotto di fattori di primo e di secondo grado a coefficienti reali.

La classe di integrali per cui P(x) ha grado maggiore o uguale a 3 e radici tutte distinte, pose seri ostacoli alla congettura, in voga in quei tempi, secondo la quale, ogni integrale di quel tipo sarebbe stato esprimibile in termini delle sole funzioni elementari (funzioni razionali, trigonometriche, esponenziale e loro inverse) attraverso un numero finito di operazioni algebriche.

Quando ogni sforzo per ridurre gli integrali sopra detti a quelli noti fallì, nella mente dei matematici incominciò a farsi strada l’idea che questi integrali dessero luogo a nuove funzioni trascendenti (in effetti ciò fu provato soltanto nel 1833 da Joseph Liouville (1809–1882) in Mémoire sur le trascendantes elliptiques de premiére et de seconde espéce considérées comme fonctions de leur amplitude [J. École Polytecnique 23, 1834, pp. 37–83]).

Si seguirono due indirizzi di ricerca:

 

• Da una parte si cercò di risolvere tali integrali, introducendo il minor numero possibile di nuove funzioni trascendenti,

• Dall’altra si cercò quali fossero le proprietà intrinseche alle nuove trascendenti.

 

Molti furono i ricercatori che, senza raggiungere risultati importanti, seguirono la prima linea. Tra questi citiamo:

Colin Mac Laurin (1698–1746), in A treatise of Fluxions (1742) ; Vincenzo Riccati (1707–1775), in Opuscola (1742) ; Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert (1717–1783), in Mémoires de L’Academie des Sciences et belle lettres (1746, 1748). Anche Leohnard Euler trattò quest’argomento in vari lavori pubblicati in  Acta Academiae Scientiarum imperialis Petropolitanae. Essi provarono a ridurre quanti più integrali del tipo sopra detto all’integrale rappresentante la lunghezza dell’arco dell’ellisse che erroneamente era considerato il più semplice. A ragione di ciò, gli integrali del tipo (1) per cui deg(P(x))3  furono chiamati “integrali ellittici”. L’integrale (2) fu considerato per la prima volta nel 1665 da John Wallis (1616–1703) in Arithmetica infinitorum. Egli considerò anche la lunghezza dell’arco di varie cicloidi e confrontò la lunghezza di questi archi con quella dell’ellisse. Questo linea di ricerca si concluse con l’opera di Adrien-Marie Legendre che introdusse la forma trigonometrica per gli integrali ellittici e ne eseguì  una classificazione (vedi oltre).

La seconda via, ossia studiare le proprietà intrinseche di queste funzioni, fu alquanto più dura, specialmente a causa della limitazione dell’analisi al campo reale, ossia senza l’uso della variabile complessa. Tuttavia un fatto attrasse presto l’attenzione di alcuni matematici, fatto che avrebbe dovuto indicare la direzione d’attacco del problema. Erano note le equazioni differenziali a variabili separate del tipo:

 

f(x)dx=±f(y)dy                                                   

 

per le quali, benché non esistano integrali algebrici dei singoli membri, l’equazione differenziale ha un integrale algebrico. Questo era ad esempio il caso in cui una primitiva di f(x) è una funzione logaritmo o una funzione trigonometrica inversa. Fu Johann Bernoulli che per primo si domandò se queste proprietà non potessero valere per altre funzioni trascendenti diverse dai logaritmi o dalle funzioni trigonometriche inverse. Nel 1698, egli aveva anche scoperto che la differenza di due archi della parabola cubica (y=x3) è integrabile [Theorema universale rectificazioni lineaurum curvarum inferviens: Nova parabolarum proprietas. Cubicalis primaria arcum menfura, Acta Eruditorum, Ottobre 1698], risultato che aveva ottenuto casualmente e che giudicava molto elegante. La prima risposta alla questione posta da Bernoulli contenente un risultato veramente interessante fu data da Giulio Carlo de’ Toschi conte di Fagnano.

 


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