II. 6. Pappo di Alessandria
Dalla morte di Apollonio, la geometria classica non aveva più trovato nessun sostenitore. Tuttavia, durante il regno di Diocleziano (284-305), visse ad Alessandria uno scienziato animato dallo spirito che aveva posseduto Euclide, Archimede e Apollonio: Pappo di Alessandria. Verso il 320 compose un'opera dal titolo Collezioni matematiche, di cui possiamo vedere la prima pagina nella traduzione fatta da Commandino e pubblicata nel 1588 a Pesaro.
Quest'opera è molto importante in quanto ci fornisce una
preziosa documentazione storica concernente alcuni aspetti della
matematica greca che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti.
Per esempio, è dal Libro V delle Collezioni che siamo
venuti a sapere della scoperta di Archimede dei tredici poliedri
semiregolari, noti come "solidi archimedei" (è
possibile trovare una traduzione
in inglese del passo del Libro V [47]). Le Collezioni
contengono anche dimostrazioni alternative e lemmi supplementari
relativi a teoremi di Euclide, Archimede, Apollonio e Tolomeo.
Infine, il trattato presenta nuove scoperte e generalizzazioni
che non è dato trovare in nessuna opera precedente.
Essa è suddivisa in 8 libri di cui il primo è andato
completamente perduto e il secondo perduto in parte. In questo
caso, la perdita è meno grave di quella degli ultimi libri dell'Arithmetica
di Diofanto: sembra infatti che i primi due libri riguardassero
prevalentemente i principi del sistema di tetradi introdotto da
Apollonio nella numerazione greca.
Nel Libro III Pappo fa una netta distinzione tra problemi "piani", "solidi" e "lineari": i primi sono costruibili solo con cerchi e rette, i secondi sono risolvibili mediante l'uso di sezioni coniche e l'ultimo genere di problemi richiede curve diverse da rette, cerchi e coniche. Pappo descrive poi alcune soluzioni dei tre famosi problemi dell'antichità: la duplicazione del cubo e la trisezione dell'angolo vengono presentate come problemi del secondo tipo, ossia come problemi solidi, e la quadratura del cerchio come un problema lineare. In questo contesto Pappo afferma virtualmente che i problemi classici presentano soluzione impossibile sotto le condizioni platoniche, poiché non appartengono alla categoria dei problemi piani. Tuttavia, solo nel XIX secolo si giunse a dare dimostrazioni rigorose di tale fatto.
Nel Libro IV Pappo torna a insistere sul fatto che ogni
problema richiede una costruzione appropriata. In altre parole,
non si dovrebbero usare luoghi geometrici lineari nella soluzione
di un problema solido, né luoghi geometrici solidi o lineari
nella soluzione di un problema piano. Considerando la trisezione
di un angolo come un problema solido, suggerisce pertanto metodi
che fanno uso di sezioni coniche, mentre Archimede in un caso
aveva usato una neusis ossia una costruzione del tipo di
quella su cui è basato il regolo calcolatore e in un altro caso
era ricorso alla spirale, che è un luogo geometrico lineare.
Nel Libro IV troviamo anche delle generalizzazioni di teoremi
precedenti. Per esempio vi è la generalizzazione del teorema di
Pitagora: se ABC è un triangolo qualsiasi e se ABDE e CBGF sono
parallelogrammi qualsiasi costruiti su due dei lati, allora Pappo
costruisce sul lato AC un terzo parallelogramma ACKL uguale alla
somma degli altri due. Per esaminare il metodo utilizzato si può
accedere al sito L'area
di Pappo [48]. Un altro esempio di generalizzazione è
costituito da un'estensione dei teoremi di Archimede sul
"coltello del calzolaio". Tale generalizzazione afferma
che, se si inscrivono successivamente cerchi P¹, P², P³, ...
come nella Fig. 1, tutti tangenti ai semicerchi costruiti su AB e
su AC, e successivamente tangenti l'un l'altro, la distanza
perpendicolare misurata dal centro dell'n-esimo cerchio
alla base ABC è uguale a n volte il diametro dell'n-esimo
cerchio.
Fig. 1 |
Il V libro contiene la trattazione dei problemi di isoperimetria, compresa la dimostrazione che il cerchio possiede, per un dato perimetro, un'area maggiore di qualsiasi poligono regolare. Altri risultati sono:
1. tra i poligoni regolari, a parità di perimetro, quello che ha area più grande è quello che ha il maggior numero di lati;
2. tra tutti i triangoli di assegnato perimetro, con la stessa base, quello che ha area maggiore è lequilatero;
3. tra i poligoni, quelli con area maggiore sono le figure convesse, in particolare i poligoni regolari.
Qui sembra che Pappo abbia seguito il trattato Sulle figure isometriche scritto quasi mezzo millennio prima da Zenodoro (180 a.C. circa), di cui sono stati conservati dei frammenti di altri commentatori posteriori. Fra i teoremi del trattato di Zenodoro vi era quello che afferma che tra tutte le figure solide con uguale superficie la sfera possiede il massimo volume, ma ne veniva data solo una giustificazione incompleta.
I Libri VI e VIII riguardano principalmente le applicazioni della matematica all'astronomia, all'ottica e alla meccanica (compreso un tentativo di trovare la legge del piano inclinato).
Il Libro VII riveste un ruolo primario per la storia della
matematica, nel campo della geometria analitica.
La geometria greca si era limitata, fino a quel momento, allo
studio di curve piane; è pertanto significativo il fatto che
Pappo presenti in questo libro un problema generalizzato che
comporta un numero infinito di nuove curve. Questo problema è
noto come il "problema di Pappo"; la sua formulazione
originaria, però, che comporta tre o quattro rette, sembra
risalire al tempo di Euclide e sembra che si debba una sua
soluzione ad Apollonio. Nondimeno da Pappo si ricava
l'impressione che i matematici precedenti non siano riusciti a
darne una soluzione generale; egli conferma, così,
implicitamente di essere stato il primo a mostrare che tale
soluzione è in tutti i casi una sezione conica. Inoltre, Pappo
considerava il problema analogo per più di quattro rette. Nel
caso di sei rette giacenti in un piano, egli riconosceva che una
curva è determinata dalla condizione che il prodotto delle
distanze da tre delle rette abbia un rapporto fisso con il
prodotto delle distanze delle altre tre. Pappo esitava a
considerare casi che comportassero più di sei rette per la
ragione che
non esiste nessuna cosa che sia contenuta da più di tre dimensioni.
Pappo non approfondì oltre lo studio di questi luoghi
geometrici, ma fu senz'altro questo problema, ripreso in seguito
da Descartes,
il punto di partenza per l'elaborazione della geometria
analitica.
In questo libro vi è poi un'esposizione completa del metodo
analitico e viene descritta una raccolta di opere precedenti che
hanno utilizzato il metodo di analisi e di sintesi, nota come il Tesoro
dell'analisi. Pappo descrive l'analisi come
un metodo consistente nel considerare come ammesso ciò che si cerca e nello sviluppare le conseguenze sino a giungere a qualcosa che viene ammesso come risultato nella sintesi.
Quindi, egli considerava l'analisi come una "soluzione
alla rovescia", i cui passi andavano ripercorsi in senso
inverso perché potesse costituire una dimostrazione valida. Se
l'analisi porta a qualcosa che si ammette essere impossibile,
anche il problema sarà impossibile, poiché una falsa
conclusione implica una falsa premessa.
Tra le opere costituenti il Tesoro dell'analisi Pappo
elenca i trattati sulle coniche di Aristeo, di Euclide e di
Apollonio. Circa la metà delle opere elencate da Pappo sono
andate perdute, tra cui la Sezione di un rapporto di
Apollonio e i trattati Sulle medie di Eratostene e Sui
porismi di Euclide.
Nel Libro VII compaiono teoremi molto importanti, tra i quali
quello noto come "teorema
di Pappo" sugli esagoni [49]:
Dato un esagono di vertici 1, 2, 3, 4, 5, 6, se i vertici di indice dispari appartengono a una retta e quelli d'indice pari a un'altra retta complanare, allora i punti X, Y, Z di incontro di coppie di lati opposti dell'esagono sono allineati. |
Una generalizzazione del teorema di Pappo è il teorema di
Pascal [50] su un esagono inscritto in una conica, e nel sito
Configurazione
di Pappo per i cerchi [51] si possono studiare in movimento i
casi in cui le rette sono sostituite da iperboli e ellissi.
Un altro teorema che compare qui per la prima volta è quello che
solitamente viene indicato col nome di Paolo
Guldino, un matematico del XVII secolo (vedi teorema
di Pappo-Guldino [52]):
Se una curva piana chiusa viene fatta ruotare intorno a una retta che non attraversa la curva, il volume del solido così generato viene calcolato facendo il prodotto dell'area delimitata dalla curva per la distanza percorsa durante la rotazione dal centro di gravità dell'area.
Pappo era orgoglioso di questo teorema estremamente generalizzato: esso comprendeva infatti "un gran numero di teoremi di ogni sorta concernenti curve, superfici e solidi, i quali venivano dimostrati tutti simultaneamente mediante un'unica dimostrazione". Tale teorema è il più generale che si conosca nell'antichità relativamente al campo dell'analisi infinitesimale.
Le Collezioni matematiche di Pappo è l'ultimo trattato matematico veramente significativo dell'antichità, poiché il tentativo da lui fatto di ridare alla geometria nuova vitalità non fu coronato dal successo. Si continuarono a scrivere opere matematiche in greco per un altro millennio circa, ma gli autori che vennero dopo Pappo non raggiunsero mai il suo livello. Le loro opere hanno quasi esclusivamente la forma di commento a trattati anteriori. Lo stesso Pappo è parzialmente responsabile del proliferare di commenti del genere: anch'egli aveva composto commenti agli Elementi di Euclide e all'Almagesto di Tolomeo, ma di questi sono pervenuti solo dei frammenti. Commenti posteriori, come quelli di Teone di Alessandria, sono più utili per le informazioni storiche che contengono che non per i risultati matematici presentati.