II. 5. Diofanto di Alessandria

 

Al periodo glorioso della matematica greca del III secolo a.C. fece seguito un declino, che si arrestò, forse, in qualche misura al tempo di Tolomeo, ma che ebbe un'impressionante inversione di rotta soltanto nel secolo dell'Età argentea, dal 250 al 350 d.C. circa. All'inizio di questo periodo, noto anche come Tarda Età alessandrina, troviamo il più grande algebrista greco, Diofanto di Alessandria. Ben poco si sa della vita di Diofanto: secondo un indovinello presente in una raccolta di problemi risalenti al V o VI secolo, nota come l'Antologia Greca

Dio gli concesse di rimanere fanciullo per un sesto della sua vita, e trascorso un altro dodicesimo, Egli gli coperse le guance di peluria; dopo un settimo della sua vita Egli gli accese la fiaccola del matrimonio, e cinque anni dopo il matrimonio gli concesse un figlio. Purtroppo questo bambino nato dopo tanto tempo fu sfortunato: dopo aver raggiunto la metà della vita di suo padre, fu portato via da un Destino crudele. Dopo aver consolato il proprio dolore con la scienza dei numeri per quattro anni, pose termine alla propria vita.

Diofanto visse fino a ottantaquattro anni. Per vedere il procedimento per calcolare quest'anno si acceda al sito L'indovinello di Diofanto [43].

A Diofanto viene spesso dato l'appellativo di "padre dell'algebra"; tale appellativo non va però preso alla lettera. La sua opera non presenta affatto quel tipo di contenuti che forma la base dell'algebra elementare moderna; e neppure è simile all'algebra geometrica riscontrabile in Euclide. L'opera principale di Diofanto a noi nota è l'Arithmetica, un trattato originariamente in tredici libri, di cui sono pervenuti solo i primi sei. (Va ricordato che nell'antica Grecia il termine aritmetica indicava la teoria dei numeri e non il calcolo numerico.)

Prima pagina di una traduzione dell'Arithmetica fatta da Bachet nel 1670.

In questa opera è presentata essenzialmente una nuova branca matematica. Per il fatto che in essa non compaiono metodi geometrici, assomiglia in larga misura all'algebra dei babilonesi; tuttavia mentre i matematici babilonesi si erano interessati prevalentemente della soluzione approssimata di equazioni determinate fino al terzo grado, l'Arithmetica di Diofanto è quasi esclusivamente dedicata alla soluzione esatta di equazioni sia determinate che indeterminate (vedi Equazioni diofantee [44]). Per il rilievo che viene dato nell'Arithmetica alla soluzione di problemi indeterminati, la disciplina che tratta questo argomento, noto anche come analisi indeterminata, ha ricevuto il nome di "analisi diofantea".
In ogni parte dei sei libri dell'Arithmetica che sono pervenuti si fa uso sistematico di abbreviazioni per indicare potenze di numeri e per esprimere relazioni e operazioni. Un'incognita viene rappresentata da un simbolo simile alla lettera greca ; il quadrato di tale incognita si presenta come , il cubo come , la quarta potenza, che viene chiamata quadrato-quadrato, viene rappresentata da , la quinta potenza o quadrato-cubo da , e la sesta potenza o cubo-cubo da . Diofanto era a conoscenza delle regole di combinazione equivalenti alle nostre regole per gli esponenti e possedeva termini specifici per indicare i reciproci delle prime sei potenze dell'incognita, quantità equivalenti alle nostre potenze negative. I coefficienti numerici venivano scritti dopo i simboli indicanti le potenze con le quali essi erano associati; l'addizione di termini veniva rappresentata mediante l'appropriata giustapposizione dei simboli indicanti i termini e la sottrazione da una lettera collocata davanti ai termini da sottrarre. Mediante tale notazione Diofanto era in grado di scrivere polinomi a una incognita in forma quasi altrettanto concisa di quella che usiamo oggi. L'algebra greca non era più limitata alle prime tre potenze: nell'opera di Diofanto compaiono le identità

(a² + b²) (c² + d²) = (ac + bd)² + (ad - bc)² = (ac - bd)² + (ad + bc

che svolsero un ruolo importante nell'algebra medievale e nella trigonometria moderna. La differenza principale tra la notazione abbreviata diofantea e la notazione algebrica moderna sta nella mancanza di simboli specifici per esprimere relazioni e operazioni, oltre che nell'assenza della notazione esponenziale.
Se pensiamo soprattutto alla notazione, Diofanto ha buone ragioni per essere riconosciuto il "padre dell'algebra"; dal punto di vista delle motivazioni e dei concetti, però, tale pretesa è meno giustificata. L'Arithmetica non è un'esposizione sistematica di operazioni o funzioni algebriche o della soluzione di equazioni algebriche. Consiste invece in una raccolta di 150 problemi, tutti formulati in termini di esempi numerici specifici, anche se intendevano esemplificare un metodo generale. Non vi è uno sviluppo a partire da postulati, né viene fatto alcuno sforzo per trovare tutte le soluzioni possibili. Nel caso di equazioni di secondo grado con due radici positive, viene data solo quella maggiore, mentre non vengono riconosciute radici negative. Non viene fatta alcune netta distinzione tra problemi determinati e problemi indeterminati, e anche in quest'ultimo caso, ove il numero delle soluzioni generalmente è illimitato, viene data una sola soluzione. Diofanto risolveva problemi che comportavano parecchie incognite esprimendo ingegnosamente tutte le quantità incognite in termini di una sola di esse.

Uno dei problemi che Diofanto cercò di risolvere fu quello di trovare un insieme di frazioni il cui prodotto, a due a due, dava un quadrato meno uno. Egli trovò un insieme costituito da quattro elementi , , e . Anche Fermat si interessò a questo problema, limitandosi però alle soluzioni intere: egli trovò 1, 3, 8, 120, ... [45].

In un certo senso l'Arithmetica non è un manuale di algebra, ma una raccolta di problemi di algebra applicata. Sotto questo riguardo, Diofanto è simile agli algebristi babilonesi, e la sua opera viene considerata da alcuni come "il fiore più bello dell'algebra babilonese". Tale caratterizzazione riconosce solo parzialmente a Diofanto i suoi meriti: i suoi numeri, infatti, sono interamente astratti e non si riferiscono a misure di grano o a dimensioni di terreni o a unità monetarie, come avveniva nell'algebra egiziana e mesopotamica. Inoltre egli si interessava solo di soluzioni razionali esatte, mentre i babilonesi avevano una mentalità calcolistica ed erano pronti ad accettare approssimazioni di soluzioni irrazionali di equazioni. Diofanto ha influito sulla moderna teoria dei numeri più di qualsiasi altro algebrista greco che non abbia fatto uso di metodi geometrici. In particolare, Fermat giunse alla scoperta del suo famoso "ultimo teorema" muovendo dal tentativo di generalizzare un problema letto nella Arithmetica di Diofanto (Libro II, Problema 8) [46]: dividere un quadrato dato in due quadrati.