Nuovi metodi e nuovi strumenti
Nei sec. XVII e XVIII gli avanzamenti scientifici aprirono la strada per ulteriori miglioramenti in cartografia. Non soltanto nuovi metodi si stavano mettendo a punto, ma si pensava anche alla produzione di un tipo di carta differente. Si pensava infatti all'utilità di carte non solo politiche ma anche fisiche nelle quali, anziché città e confini, venisse evidenziata la conformazione del terreno. Nel ‘700 in Europa venivano avviate operazioni di mappatura del territorio, ma verso la fine del secolo un nuovo impulso e una nuova concezione della cartografia si fece strada a seguito delle campagne militari napoleoniche, che esigevano una conoscenza approfondita non soltanto della localizzazione precisa ma anche della natura del territorio e dei suoi dislivelli. Vennero così affinate le tecniche di misurazione e di rappresentazione, mediante l’uso di diversi colori e simboli, dei dettagli e delle tipologie del terreno. La figura e il corpo degli ingegneri militari venivano a sostituirsi a quella tradizionale del geografo-astronomo, ancora collegata ad un personale tecnico e ad operazioni tipicamente civili come l’agrimensura e il catasto. Venne così avviato un progetto di grandiose dimensioni che prevedeva la riproduzione in grande scala dell’Italia e altre zone d’Europa. La rivelazione cartografica a scale che diventavano sempre più grandi era duplicata da una rivelazione statistica a scala altrettanto analitica. Si trattava di una griglia descrittiva a maglie sempre più strette che si estendeva sul territorio ad opera dei militari e che era ritenuta l’unica analisi corretta e utile sia per l’amministrazione militare che civile. Il progetto napoleonico non venne ultimato nella sua globalità ma fu la base per le grandi mappe geografiche elaborate nell’800. La grande quantità di materiale elaborato è conservata in archivi e biblioteche, in particolare per l’Italia presso il Kriegsarchiv e la Österreichische National Bibliothek di Vienna. Un punto fondamentale per il progresso in cartografia rimaneva comunque l’esatta determinazione delle posizioni che dipendeva strettamente dal possesso di mezzi adeguati a tale operazione. Il calcolo della latitudine era facile e per lungo tempo era stata realizzato con il sestante, ma il problema del calcolo preciso della longitudine si dimostrava una grande sfida. Oltre ai metodi per calcolarla, un secondo problema si presentava e concerneva l’arbitrarietà della scelta dello zero. Inizialmente, come ci si poteva aspettare, varie città vennero scelte come zero, quali Parigi, Cadice, Napoli, Pulkova, Stoccolma e Londra. Era necessario un accordo internazionale per scegliere un campione cartografico. Fu così che nel 1884 si tenne l’International Meridian Conference di Washington, che contava delegati da ben 26 paesi. Essi scelsero il meridiano di Greenwich come lo zero per la longitudine e, sebbene con qualche indugio, tutti i paesi adottarono questo e l'Equatore come linee di riferimento di base. C’era, naturalmente, un'altra decisione da prendere per standardizzare le carte geografiche, vale a dire la scelta dell’orientamento delle mappe. È alquanto logica la scelta di tenere il nord o il sud dalla parte superiore, ma anche questa era una decisione completamente arbitraria. Le prime carte cristiane avevano il nord nella parte superiore mentre le prime carte di Arabi e Musulmani avevano il sud nella parte superiore. Senza alcun accordo internazionale, diventò usuale avere il nord nella parte superiore. Altri progetti internazionali di collaborazione ebbero meno successo. Nel 1891 si tenne un Congresso Geografico Internazionale a Berna in cui si decise la realizzazione della Mappa Internazionale del Mondo. Vennero stabiliti i campioni e una convenzione sulla simbologia. La scala doveva essere 1:1.000.000 e parecchie nazioni acconsentirono a cooperare per produrre questa carta campione del mondo. Alcune delle carte proposte furono prodotte ma il progetto non venne mai portato a termine. E’ comunque in questo periodo che gli stati d'Europa intensificarono l’opera di promozione degli studi cartografici allo scopo di meglio dotarsi di idonee carte regionali per usi amministrativi e militari. All'Italia e all'Olanda, la quale manifestò una certa decadenza dopo aver dominato per tutto il XVI e XVII secolo, si affiancarono la Francia, l'Austria, la Svizzera, nonché altri stati d'Europa e d'Italia (Regno di Sardegna, Granducato di Toscana...). Ogni stato cominciò ad elaborare una propria carta topografica con scale e proiezioni diverse, ma con il medesimo ellissoide di base. L'Italia, che pur disponeva al momento dell'unificazione di pregevole materiale topografico, costruì ex novo la carta topografica nazionale, affidando il compito a quell’Istituto che, nel 1882, prendeva il nome di Istituto Geografico Militare (IGM) di Firenze, ultima denominazione del Corpo della Topografia Reale dello Stato Maggiore del Regno di Sardegna. Il completamento della carta topografica alla scala 1:100.000 in proiezione policonica avvenne nel 1921. Si trattava per lo più di carte topografiche e corografiche che evidenziavano aspetti fisici ed umani del territorio; in esse è possibile notare il tentativo di risvegliare l'immagine della terza dimensione, cioè il rilievo, la cui più efficace visualizzazione si concretò con le isoipse o curve di livello nelle carte a grande scala (tavolette) dell'Istituto Geografico Militare (IGM), già dagli ultimi decenni del secolo scorso. In Francia, ad esempio, si diffuse una mappa nazionale basata sul metodo matematico della mappatura trigonometrica. La Francia fu anche il primo stato a dotarsi di carta topografica nazionale con proiezione cilindrica trasversa a scala 1:86.400, realizzata sotto la direzione di C.F. Cassini de Thury. Quella francese fu una cartografia di qualità. Nicola Sanson e i suoi collaboratori realizzarono nuove proiezioni e pubblicarono numerosi atlanti mentre si affermava l’impiego dei sistemi di misura indiretta mediante i procedimenti trigonometrici applicati in Olanda da Snellius fin dal 1617. Il rilevamento geodetico-topografico basato sulla triangolazione prese rapidamente piede dando alle carte geografiche un aspetto sempre più aderente alla realtà che rappresentavano. Alla fine del sec. XVIII, con le carte del francese Guilleume De l’Isle, il Mediterraneo assunse un aspetto simile a quello che conosciamo: eliminati emblemi, allegorie, rappresentazioni figurative e disegni "inutili", i rilievi prendevano contorni reali e le zone inesplorate o non misurate restavano semplicemente in bianco. Perfezionata da Jean-Baptiste Bourguignon d’Anville, questa vera e propria riforma della cartografia portò alla produzione di carte e atlanti aggiornati, basati su localizzazioni astronomiche e su misure realizzate dagli esploratori durante i loro viaggi. In questo modo ebbe termine la cartografia empirica e iniziò la cartografia scientifica, organizzata su base geodetica. Le realizzazioni cartografiche fin qui esposte venivano stilate secondo la conoscenza diretta del territorio da parte del cartografo. In questi ultimi anni a queste succedono altri tipi di carte che utilizzano le informazioni ricavate da rilevazioni aeree e da satellite, unitamente anche a proiezioni non eurocentriche e altre in cui le aree degli Stati sono proporzionali alla quantità del fenomeno rappresentato. Prendendo a fondamento la cartografia esistente e con l’aggiunta di congrue informazioni statistiche è oggi possibile, mediante il computer e grazie all’ uso dei GIS e di Internet, comporre a tavolino e in tempi brevi un tipo di cartografia tematica e dinamica molto utile per lo studio della geografia e la pianificazione del territorio.
|