I. 3. Il sistema greco

 

In generale sembra che vi fossero in Grecia due sistemi principali di numerazione: uno, forse il più antico, è noto come il sistema attico (o erodianico), l'altro viene detto sistema ionico (o alfabetico). Entrambi i sistemi si basano sulla base dieci, ma il primo è più primitivo, essendo basato su un semplice schema iterativo come quello che si riscontra nella più antica numerazione geroglifica egiziana.
Nel sistema attico i numeri da uno a quattro erano rappresentati da trattini verticali ripetuti. Per il numero cinque si usava un nuovo simbolo: la prima lettera P (o G) della parola cinque, pente. (A quel tempo si usavano solo lettere maiuscole, sia in opere letterarie che in matematica). Per indicare i numeri dal sei al nove, il sistema attico aggiungeva al simbolo G dei trattini indicanti le unità. Per esprimere le potenze intere positive della base, venivano adottate le lettere iniziali delle corrispondenti parole numeriche: D per deca (dieci), H per hekaton (cento), X per khilioi (mille) e M per myrioi (diecimila). Tranne che per la forma dei simboli, il sistema attico era molto simile a quello romano, ma aveva un vantaggio rispetto a quest'ultimo. Mentre i romani utilizzavano simboli diversi per indicare 50 e 500, i greci li scrivevano mediante la combinazione delle lettere che indicavano 5, 10 e 100: usavano quindi (cioè 5 volte 10) per indicare 50 e (cioè 5 volte 100) per indicare 500. Analogamente scrivevano per 5000 e per 50000.
Questo sistema si notazione compare in iscrizioni risalenti al periodo tra il 454 e il 95 a.C., ma all'inizio dell'Età alessandrina era già stato sostituito dalla numerazione ionica. Schemi alfabetici analoghi (probabilmente derivanti da questo) vennero usati da varie popolazioni semitiche, quali gli ebrei, i siriani, gli aramei e gli arabi.
Il sistema ionico, come descritto in Numeri greci e aritmetica [10], probabilmente era stato in uso fino dal V secolo a.C.. Una delle ragioni che inducono a far risalire le origini di tale notazione a un'epoca così lontana è l'uso di ventisette lettere dell'alfabeto: nove per i numeri inferiori a 10, nove per i multipli di 10 inferiori a 100 e nove per i multipli di 100 inferiori a 1000. L'alfabeto greco dell'Età classica contiene solo ventiquattro lettere; pertanto si dovette far uso di un alfabeto più antico che comprendeva le lettere arcaiche stigma, coppa e sampi. Dopo l'introduzione delle lettere minuscole in Grecia, l'associazione di lettere e numeri si presentava così:

Per i primi nove multipli di mille, il sistema ionico ricorreva alle prime nove lettere dell'alfabeto: ciò rappresentava un uso parziale del principio di posizione. Ma per maggior chiarezza queste lettere erano fatte precedere da un apice in basso, per esempio , a . A partire da 10000 (miriade), la notazione ionica seguiva un principio moltiplicativo: il simbolo di un numero intero qualsiasi da 1 a 9999, se collocato al di sopra della lettera M, o dopo di essa, separato dal resto del numero mediante un puntino, indicava il prodotto dell'intero per il numero 10000. Qualora si volessero rappresentare numeri ancora più grandi, si poteva applicare lo stesso principio alla miriade doppia.

Le antiche notazioni greche per indicare i numeri interi non erano eccessivamente ingombranti e servivano efficacemente al loro scopo. Nell'uso delle frazioni, però, si rivelavano inadeguate. I greci, come gli egiziani, tendevano a usare frazioni con numeratore unitario. La notazione era molto semplice: scrivevano il denominatore e lo facevano seguire da un accento per distinguerlo dal numero intero corrispondente. Così aveva la forma l d ¢. Questa espressione, però, poteva essere confusa con quella del numero 30: solo il contesto poteva chiarire il significato. Per arrivare all'uso di frazioni comuni e di frazioni sessagesimali bisogna attendere l'opera di Archimede e Diofanto.