A.G.a.Fe (Algebraic Geometry at Ferrara)


 

Le funzioni ellittiche ed abeliane tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo

 

La teoria delle funzioni abeliane più generali, già iniziata da Riemann e Weierstrass si sviluppò in Germania ad opera di Wilhelm Wirtinger (1865–1945), Felix Klein, (18491925); in Francia ad opera di Emile Picard (1856–1941), Henry Poincaré (1854-1912), Paul Painlevé (1863­­­1933) e Georges Humbert (1859–1921), a partire dai primi anni del secolo scorso, in Italia ad opera dei cultori della geometria algebrica, soprattutto Gaetano Scorza (1876–1939). Ai lavori dei geometri italiani sono da avvicinare le ricerche di Solomon Lefschetz (18841972) in America. La ragione per cui la teoria delle funzioni abeliane è intimamente legata alla geometria algebrica sta nel teorema fondamentale, secondo il quale tra p+1 funzioni abeliane di p variabili, intercorre una relazione algebrica, la cui equazione definisce una varietà algebrica rappresentabile parametricamente mediante funzioni abeliane. E’ lo studio di queste varietà, iniziato da Picard, che è stato soprattutto approfondito dai geometri italiani. Di solito, nelle esposizioni della teoria delle funzioni abeliane, si parte dallo studio degli integrali abeliani sopra una curva algebrica, pervenendo successivamente al problema di inversione ed, attraverso esso, al concetto generale di funzione abeliana, Fa eccezione il classico trattato di  Dr. Adolf Krazer Lehrbuch der Thetafunktionen, il quale inizia immediatamente con lo studio delle funzioni abeliane più generali. La trattazione di Krazer si basa tuttavia sull’uso costante delle serie θ, mediante quoziente di due delle quali si possono costruire funzioni abeliane. Inoltre l’introduzione delle serie θ non appare in Krazer giustificata da nessuna necessità a priori. Questa impostazione si riscontra d’altronde anche nelle trattazioni, che prendono le mosse dal problema di inversione, le quali ad un certo punto hanno bisogno di introdurre le serie θ, “indovinando” la forma di queste trascendenti. Se l’introduzione a priori delle serie θ corrisponde effettivamente allo sviluppo storico, giacché queste serie appaiono appunto una “divinazione” di Jacobi nel caso p=1, e successivamente generalizzate a p qualunque attraverso un processo basato sostanzialmente su analogie formali.

Di fondamentale importanza sono la memoria Sur les fonctions périodiques de deux variables [Journal de  Mathematique, Serie IV, vol. 7] di Paul Emile Appell del 1891 e la memoria Uber die Grunlagen der Teorie der Jacobischen Funktionen [J. Fur die reine und Ang. Math. Bo.97] di Ferdinand Georg Frobenius (18491917) del 1884. Nel lavoro di Appell viene dimostrato che una funzione abeliana di due variabili è necessariamente il quoziente di due  funzioni intermediarie. Nella memoria di Frobenius lo studio di tali funzioni è intrapreso a priori per p qualunque e viene in particolare dimostrato che  dalla esistenza di funzioni intermediarie conseguono le relazioni di uguaglianza e disuguaglianza tra i periodi, che sono necessarie e sufficienti per l’esistenza di funzioni abeliane, con una data matrice di periodi.

L’opportunità di penetrare la teoria delle funzioni abeliane nel caso p>2 secondo la linea tracciata dalla “somma” dei lavori di Appell e Frobenius fu riconosciuta da Lefschetz in Hyperelliptic  superfaces and abelian varieties [Bullettin of the National Research Council N. 63, Washington 1928, cap. XVII, pag. 354].

Di notevole interesse è il quarto volume del trattato di F. Enriques e O. Chisini Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche [Zanichelli, Bologna 1834]

 


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