Cenni storico-epistemologici sul problema dell’equiscomponibilità delle figure piane, problema della determinazione dell’area e strumenti utili per questo studio
Anche nelle più semplici applicazioni della matematica il concetto di area ha una notevole importanza. Il problema della determinazione dell’area di una regione piana si presentò all’uomo fin dai tempi più antichi, probabilmente da quando cominciò a vivere in comunità pressoché sedentarie. E’ noto che gli antichi Cinesi avevano trovato formule relative all’area del triangolo e del trapezio e che nella geometria empirica degli Egizi la misurazione aveva un posto importante. Risulta da alcuni documenti (tra cui il Papiro di Rhind ) che gli egizi avevano stabilito alcune formule per determinare aree di particolari figure geometriche; pare che queste misurazione interessassero per fissare le proprietà dei terreni e stabilire la tassa su questi dopo le annuali inondazioni del Nilo.
Anche i Babilonesi sapevano determinare aree di trapezi, triangoli e cerchi.
Fu solo con i greci che il problema dell’area venne affrontato sistematicamente, soprattutto per i poligoni, attraverso la scomposizione degli stessi in parti congruenti. Il concetto di congruenza non è infatti sufficiente per stabilire se due figure piane hanno la stessa estensione: infatti, se è vero che poligoni congruenti hanno la stessa estensione, è anche vero che due poligoni possono avere la stessa area eppure non essere congruenti. Ricordiamo in particolare l’opera di Ippocrate di Chio (seconda metà del V secolo a.C.) Elementi di geometria, andata perduta, ma di cui parla Aristotele ; per primo si dedicò allo studio della equiestensione in modo sistematico, anticipando in alcuni ambiti l’opera di Euclide. Euclide nei suoi Elementi, dove trattò estesamente il problema della equiestensione, non distinse i due concetti di congruenza e di uguaglianza per estensione. A tal proposito si osserva che solo in epoca recente fu riconosciuta la distinzione tra i due concetti di uguaglianza, soprattutto per opera di Duhamel (1866), che per primo costruì una teoria dell’equivalenza anche se limitata ai poligoni.
L’idea di “scomposizione in parti congruenti“ risulta evidente nel tangram.
Giocare con il tangram può sembrare facile, troppo facile, soprattutto quando lo si vede già assemblato sotto forma di quadrato: normalmente però un principiante trova già difficoltà a comporre il quadrato, una volta tolti i pezzi dalla scatola.
Il tangram
però non è un rompicapo come tanti altri. In effetti dopo averci giocato un po',
si comincia ad apprezzare la sottile eleganza con cui è stato diviso il
quadrato.
Da ciò si comprende come il tangram si possa ottenere piegando e ritagliando
opportunamente un quadrato di carta.
Questo modo di ottenere i vari tan comporta che tra i lati e gli angoli dei tan vi sono molti legami. Per questo motivo nel gioco del tangram, così come per l'origami, accade che, malgrado la semplicità del materiale impiegato, si possono realizzare sia figure geometriche - come il quadrato - in cui si annullano le caratteristiche dei vari tan, sia figure di ogni tipo in cui invece le caratteristiche di ciascun tan vengono messe in risalto. Alcune figure sono così espressive da sembrare vive e articolate.
È anche possibile rappresentare lo stesso soggetto in posizioni differenti e quindi il tangram si può utilizzare anche per illustrare storie e per realizzare cartoni animati.
In un volume, tuttora edito in inglese, che sottolineava l'importanza del gioco nell'insegnamento e nella divulgazione della matematica, Rouse Ball nell'800 scriveva: "La formazione di figure per mezzo di questi sette pezzetti di legno... è uno dei più antichi passatempi orientali. È possibile ottenere con essi centinaia di immagini di uomini, donne, bestie, pesci, case, barche, oggetti di uso domestico, figure geometriche, eccetera, tuttavia il tipo di divertimento offerto non è di natura matematica e quindi mi limito semplicemente a farne menzione".
Invece non è così, c'è una sorprendente analogia tra certi aspetti del giocare con il tangram ed il "fare matematica".
E’ possibile poi affrontare il problema della equiestensione anche con l’approccio materiale, indicato da E. Castelnuovo, consistente nel far ritagliare figure su cartoncino che possa poi essere pesato. In questo caso l’area viene espressa con una misura diretta in grammi.
Nel caso delle aree, se ai principi fondamentali di conservazione della quantità, l’invarianza per isometrie, la compatibilità con le relazioni d’ordine e la relazione d’addizione aggiungiamo il principio di Cavalieri di grande intuitività (ad esempio con il mazzo di carte), l’introduzione del concetto di area diventa certamente più semplice.
In questo approccio entrano idee sul movimento, derivate dall’esperienza, in connessione con il principio di conservazione della quantità: se segmenti uguali si muovono parallelamente a loro stessi viene conservata la quantità di punti dei segmenti per cui anche le posizioni dei punti, via via occupate, sono quantitativamente le stesse.